Città Metropolitane

A cura di Francesco Domenico Moccia

In Italia ci sono dieci città metropolitane. Ad esse se ne aggiungo tre della regione autonoma della Sicilia: Palermo, Catania e Messina. La regione autonoma della Sardegna ha creato una sola città metropolitana nel capoluogo Cagliari. Secondo la L. 7 aprile 2014, n. 56, il loro governo del territorio è affidato al Piano Territoriale Generale, il quale dovrebbe superare le semplici funzioni di coordinamento dei piani delle province per assolvere a compiti essenziali per le aree metropolitane come le infrastrutture, tenendo conto come alle tradizionali reti di trasporto, comunicazione e idrauliche si sono aggiunte quelle a carattere ecologico.

La domanda di governo che veniva dagli studi economici e geografici i quali avevano individuato un territorio funzionalmente interconnesso ma amministrativamente frammentato stenta a concretizzarsi e mostra le sue maggiori difficoltà proprio nell’ambito dell’urbanistica.  

Attualmente sono stati approvati solamente due piani territoriali metropolitani, quello di Milano entrato in vigore il 6/19/2021 e quello di Bologna approvato 12/5/2021, di altre due città metropolitane, Torino e Firenze sono stati prodotti documenti preliminari e il processo di formazione non si è ancora concluso. I tempi delle consultazioni con i comuni fanno trasparire quanto sia laborioso il lavoro di concertazione.

I due primi piani approvati si presentano anche con profili molto differenziati, tanto quanto sono le due città: Milano, un polo attrattivo particolarmente dominate nella propria regione, Bologna inserita in un sistema urbano emiliano-romagnolo alquanto equipollente e reticolare. Questo si riflette su due stili di governo adattativi. Se Bologna agisce per accordi di copianificazione, con una sorta di contrattualistica degli enti locali, intorno a tematiche di interesse d’area vasta; Milano riesce a prefigurare un modello di assetto del sistema insediativo condiviso intorno all’idea policentrica del TOD (transit oriented development), interessante per la coniugazione delle strategie di trasporto sostenibile con quella di decentramento dei servizi.

Aggiungere questo lavoro sul sistema urbano all’interesse sugli spazi aperti, più in linea con la tradizione del PTCP, appare un segno del salto dal coordinamento alla pianificazione generale, anche nei contenuti, oltre che dalla richiesta del valore conformativo delle decisioni di piano. È interessante notare come lo stesso interesse, per il momento limitato alla dimensione conoscitiva, si esplica nel preliminare di Torino, dove si compie una classificazione dei tipi di città.

Le strategie di transizione ecologica e digitale pervadono i documenti di ogni tipo senza dimenticare la giustizia sociale e l’equilibrio territoriale ad essa strettamente congiunta. La normativa, in special modo sulle aree non urbanizzate, assume maggior cogenza quando al piano metropolitano è riconosciuta la funzione di piano paesaggistico, come in Lombardia, avvalendosi di una scala di dettaglio più adeguata e certamente di migliore rappresentazione degli elaborati regionali.

Il risultato è che il governo del territorio metropolitano resta affidato ai piani territoriali di coordinamento provinciali a testimonianza di quanta sia l’inerzia che frena il passaggio alla dimensione amministrativa metropolitana. La riattualizzazione del PTCP è stata sancita dalla città metropolitana di Venezia con la delibera dell’1/3/2019 dove, in via transitori si promuove il PTCP vigente ed approvato nel 2010 a PTM. Anche in assenza di atti deliberativi che esplicitano questa funzione di supplenza, la stessa avviene nei fatti in molte altre città metropolitane, incluse quelle che hanno in corso i piani metropolitano non ancora approvati.

In certi casi i PTCP sono abbastanza datati come quello di Genova del 2002. Un poco più recenti quelli di Messina del 2008, Roma del 2010 e Reggio Calabri del 2011. Per altre cinque città metropolitane i piani di coordinamento risultano solamente adottati: Napoli, Bari, Catania, Palermo e Cagliari. In questi casi abbiamo l’assenza di piani d’area vasta.

I piani strategici (PS) e i piani urbani della mobilità sostenibile (PUMS) sono attribuiti sempre a settori amministrativi distinti da quello dell’urbanistica e della pianificazione territoriale an che se non si possono considerare del tutto estranei al governo del territorio. Tuttavia, per la scelta di separarli finiscono per svolgere un ruolo concorrenziale e la loro integrazione non appare semplice. Considerando che tutte le città metropolitana hanno redatto sia i PS che i PUMS, viene da pensare che questi ultimi hanno costituito una maggiore urgenza e rilevanza. Le città metropolitane, poi, con minori risorse disponibili hanno scelte di impegnarle in quelli. In ultimo si è aggiunto il PNRR con una urgenza e rapidità di esecuzione ancora più pressante.

In conclusione, si può supporre che il proliferare di tipi di piani a maggiore specializzazione non giova ai piani territoriali che ne risultano marginalizzati. Il che, per altro verso, fa anche emergere come lo strumento non appaia agli amministratori come adatto alle azioni di governo.

Datazione della Pianificazione comunale nelle Città Metropolitane (agg. 15.11.2022)